Alla fine, “questo matrimonio sa da fare”, non parlo dei promessi sposi del Manzoni, ma dell’annuncio del matrimonio tra Credit Suisse e UBS. Un matrimonio “spintaneamente” consigliato dalla Banca Centrale Svizzera, nonostante nessuno dei due istituti fosse d’accordo.
Questa acquisizione arriva dopo che, nelle scorse settimane, Credit Suisse si era ritrovata in grosse difficoltà, costretta addirittura ad accettare un prestito di 50 miliardi per far fronte alla fuga di capitale dei suoi correntisti. E dopo una serrata trattativa, con offerte e rifiuti, al termine di un fine settimana di negoziati frenetici, quasi drammatici visto il rischio di un effetto contagio, l’accordo è stato raggiunto.
Ubs acquista la rivale Credit Suisse per oltre 3 miliardi di euro, facendo nascere una delle maggiori banche d’Europa, per cercare di disinnescare la crisi in atto nel sistema bancario.
Ubs otterrà però, fino a 100 miliardi di liquidità dalla Banca centrale svizzera per far fronte a eventuali perdite di Credit Suisse, la domanda a questo punto, nasce spontanea, chi ha acquisito Credit Suisse, UBS o lo Stato Svizzero?
In caso di mancato salvataggio, il governo svizzero, era pronto a nazionalizzare la banca. Una soluzione che inevitabilmente avrebbe coinvolto alcune categorie di investitori, non solo gli azionisti, esposti sul Credit Suisse. Il bail in, spaventa per definizione, a maggior ragione dopo che da venerdì sera veniva prezzato l’ipotesi delle nozze con Ubs in quella che, con tutte le eccezioni del caso, sarebbe stata comunque un’operazione di mercato.
Gli azionisti di Credit Suisse, riceveranno 1 azione Ubs ogni 22,48 azioni Credit Suisse detenute, pari a 0,76 franchi/azione per un corrispettivo totale di 3 miliardi di franchi svizzeri. Colm Kelleher sarà il presidente e Ralph Hamers, l’attuale Ceo di Ubs, sarà il Ceo della nuova entità.
Questo salvataggio però, non è senza ripercussioni. L’operazione di fatto azzera il valore di bond subordinati (A1) per 16 miliardi di euro, prima ancora di spazzare via tutto il capitale degli azionisti come sarebbe stato normale. Mi riesce difficile non pensare, che per delicate ragioni geopolitiche si siano voluti preservare, almeno in parte, i primi due azionisti della banca: la Banca nazionale saudita e il fondo sovrano del Qatar.
Creando così il precedente per cui gli obbligazionisti subordinati potrebbero essere meno protetti degli azionisti.

