I danni creati dal fallimento della Lehman Brothers, sono ancora vivi nella memoria. L’aver lasciato andare a fondo una banca con debiti per circa 600 miliardi di dollari, legata in tutto il mondo da migliaia di connessioni allora non percepite, provocò un colossale effetto domino. Gli scambi si fermarono, in quanto tutti iniziarono a non fidarsi gli uni degli altri, causando la più grave recessione del dopoguerra in Occidente, fino a quella da Covid.
Sicuramente tra coloro che dovranno decidere, qualcuno ha vissuto direttamente quel periodo e non vuole più assumersi responsabilità del genere. Ma specialmente nessuno vuole essere ricordato come colui che ha abbandonato Credit Suisse lasciandolo al suo destino, una banca troppo grande perché possa fallire senza generare ripercussioni in tutto il mondo occidentale.
Per cui nel frattempo la Banca centrale svizzera ha dato in prestito 50 miliardi di franchi svizzeri per rafforzare la liquidità, sostenedo cosi le attività core e i clienti della banca. Dal canto suo l’istituto svizzero adotterà le misure necessarie per renderla più snella e semplice e si è offerta di riacquistare debito per circa 3 miliardi di franchi.
Credit Suisse ha affermato di aver identificato “carenze sostanziali” nei controlli interni sulla rendicontazione finanziaria. Nella sua relazione annuale, la banca svizzera ha affermato che “il management non ha progettato e mantenuto un processo di valutazione del rischio efficace per identificare e analizzare il rischio di errori significativi nei propri rendiconti finanziari”.
Secondo la banca i risultati del 2022, dove ha riportato la sua più grande perdita annuale, non sono stati influenzati. La banca è passata da una crisi all’altra negli ultimi anni, con conseguenti pesanti perdite. Le carenze nei controlli interni sono stati individuati dal suo revisore PwC, che in una dichiarazione ha affermato che “la direzione non ha progettato e mantenuto controlli efficaci sulla completezza, la classificazione e la presentazione degli elementi non monetari nei rendiconti finanziari consolidati”.
Capite bene perche in queste ore frenetiche i banchieri centrali sono in contatto con i vertici del Tesoro dei principali Paesi occidentali e molti banchieri privati, soprattutto per verificare quali altre banche siano esposte su Credit Suisse soprattutto in derivati.
Devono capire se ci sono istituti in europa e negli Stati Uniti che subirebbero perdite da un eventuale fallimento dell’istituto svizzero ad esempio per aver venduto assicurazioni contro il default di Credit Suisse o perché hanno crediti direttamente verso di esso.
Da questi colloqui, sta emergendo che gli istituti italiani sono piuttosto al riparo, l’incognita riguarda alcuni istituti europei. Piuttosto questi colloqui avevano anche un altro obiettivo il salvataggio della banca, per proteggere i creditori. Parliamo di quasi 500 miliardi di passività a fine 2022.
A livello pubblico il savataggio è fuori questione, Credit Suisse ha un bilancio che vale più della metà del prodotto lordo svizzero. In queste ore UBS, rivale di Credit Suisse, sembra interessata all’acquisizione, ma solo delle attività svizzere, resta però da capire, quale o quali istituti possano intervenire per le restanti attività, ma dovranno fare anche in fretta.
Ora tornando a Credit Suisse, negli anni ha accumulato una serie di scandali, tra cui un coinvolgimento di $ 10 miliardi con Greensill Capital nel 2021 nonchè i $5,5 miliardi di perdite legate al fondo Archegos, sempre nel 2021, solo per citare gli ultimi.
Capite bene che la reputazione dell’istituto non sia delle migliori. L’istituto però, ha in gestione i risparmi dei suoi clienti, parliamo di 1.310 miliardi di euro a fine 2022. Il problema se vogliamo è l’attività di banca d’affari di Credit Suisse, concentrata a Londra e New York. A fine 2022, la sua perdita è stata superiore agli utili generati da tutte le altre divisioni messe insieme.
Il primo nemico, come sappiamo è la mancanza di fiducia, che sta spingendo i correntisti a chiudere i loro conti per trasferirli altrove e le altre banche a negargli prestiti. Parliamo di un istituto che a livello teorico dovrebbe essere solvibile, con livelli patrimoniale entro la norma, che però, le continue richieste, rischiano di farla rimanere senza cassa, portandola di fatto al completo collasso.
Ecco quindi il perché dell’intervento della Banca Centrale svizzera e dei colloqui per cercare di convincere altri istituti a saltare sulla nave del salvataggio, ma non sarà un impresa facile convincere altri a sobbarcarsi attività che al loro interno potrebbero contenere materiali tossici.
Il tutto per evitare, come detto, la mancaza di fiducia in tutto il sistema, che porterebbe anche i correntisti di altri istituti ad una folle corsa al ritiro dei loro soldi, mettendo così in difficoltà anche chi non lo è. Vi ricorda qualcosa?
Per ora, possiamo solo rimanere a guardare gli sviluppi della vicenda, sperando che si risolvano per il meglio, viste le conseguenze che potrebbe innescare. In questo momento le azioni di Credit Suisse salgono del 25% a 2,12 CHF, dopo che inizialmente avevano raggiunto i 2,27 CHF.
Stiamo a vedere, ma soprattutto non facciamo scommesse!!

